C’e’ un silenzio imbarazzante della sinistra sul caso del magistrato Marcello Degni. Nessuno di questi soloni ha detto una sola parola sul caso di questo togato, l’ennesimo militante di sinistra che usa la sua professione per propagandare e applicare l’ideologia politica di cui è un fedele seguace.
Loro, i sinistri da social, quelli che si ergono a gendarmi del moralismo, che ci riempiono di lezioni sociali, che rimproverano il governo per i comportamenti indecorosi, quelli che si occupano dei respiri della Meloni, delle mezze frasi che dice – tra l’altro esenti da ogni considerazione politica – e persino dell’esigenza naturale della stessa che “osa” andare in bagno durante una conferenza stampa, stanno in silenzio, sperando che nessuno si ricordi delle vergognose parole di Degni, che diventano indecenti perchè dette da un magistrato, lo stesso che dovrebbe tutelare i conti dello stato e non il contrario.
Un magistrato che inneggia al brigatista Toni Negri, che si lamenta con la Schlein perchè non ha fatto abbastanza ostruzionismo «da costringere l’Italia all’esercizio provvisorio», che dice in un post, «potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata», che auspicava una caduta su quella manovra ben sapendo del danno economico che ci sarebbe stato e che sarebbe ricaduto sulle spalle degli italiani.
Un togato di sinistra, che con le sue affermazioni ha ribadito, ancora una volta, la mentalità di una certa sinistra, la peggiore per autorità e capacità di intervento nei gangli vitali dello stato, la quale è disposta a passare sui cadaveri degli italiani pur di far trionfare il proprio credo politico.
C’e’ stato solo un timido accenno da parte di Gentiloni, che da premier volle Degni come “consigliere” alla Corte dei Conti, che con un sussurro a detto ai giornalisti: «Le esternazioni del magistrato sono semplicemente inaccettabili».
“Resistere, resistere, resistere” ha ripetuto il togato sinistro, una frase che ha trovato l’ovvio consenso della parte più estrema della sinistra, quella di Rifondazione Comunista, la quale non poteva che buttarla in caciara tirando in mezzo sempre la stessa, consunta, spuntata, obsoleta arma dell’antifascismo: «Speriamo non sia vietato essere antifascista, di sinistra e magistrato contabile», dicono il segretario Maurizio Acerbo e i suoi dioscuri Giovanni Russo Spena e Gianluca Schiavon, convinti che il provvedimento disciplinare incardinato davanti al Pg sia «un grave atto di subalternità alle pressioni del governo».
I procedimenti contro questo togato al momento sono diversi e pare sia esclusa la possibilità di una archiviazione, ma il tutto potrebbe risolversi anche con un semplice ammonimento. La logica, il buon senso, la morale e l’etica che proprio i gendarmi della sinistra difendono a spada tratta, come se qualcuno li avesse eletti a protettori della società, vorrebbero che il magistrato si dimettesse sparendo a vita dalle aule di qualsiasi tribunale d’Italia e che in futuro non avesse alcun incarico pubblico.
Ma qui stiamo parlando di un militante di sinistra, non di un magistrato qualsiasi, o di uno di destra che, al posto di Degni, sarebbe stato già lapidato in pubblica piazza ancor prima di qualsiasi giudizio delle autorità competenti.
Ma, in ogni caso, rimane il silenzio dei pavidi sinistri da social, che sono girati dall’altra parte per vedere se la Meloni oggi mangerà 70, 100 o 200 grammi di pasta per poi escogitare la critica da pubblicare per il popolo caprone, quello che li segue applaudendo.