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Matteo Orfini, l’interprete della magistratura di sinistra.

DiDirezione

Ott 21, 2024

Matteo Orfini, deputato del Pd, cerca di dare una sua personalissima e politicizzata interpretazione all’email scritta e firmata da Marco Patarnello, membro di spicco di Magistratura Democratica, con la quale il giudice ha espresso i suoi timori e le sue perplessità verso questo governo. Ma le stravaganti considerazioni del deputato di sinistra, oltre a fare acqua da ogni parte, peggiorano la situazione.

EMAIL Scirtta dal giudice Marco Patarnello, membro di Magistratura Democratica.

Neanche davanti alle parole scritte dal togato la sinistra prende atto che c’e’ un tentativo di destabilizzare il governo, di cui certa magistratura sente forte il timore di perderne il controllo.

Temono di non poter piu esercitare il ruolo di giudici appoggiati, coperti e spesso collusi con la sinistra al potere e di essere esautorati dal legiferare, spesso in modo anticostuzionale (avverso gli Art 104 -70 -71 della Costituzione), contro i provvedimenti di governo.

Temono soprattutto che la Meloni, “non avendo inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche” sia molto più forte di quello che credevano.

Sentono di non avere nelle mani l’arma della richesta di comparizione o, meglio ancora, dell’avviso di garanzia, ovvero quella spada di Damocle la cui assenza ripara la Premier da qualsiasi processo a suo carico, come invece ci riuscirono per Berlusconi.

Si sentono attaccati nella loro “giuristizione” quelli delle toghe rosse, perchè, come è stato scritto, questo governo : “è molto più pericoloso e insidioso (rispetto al governo Berlusconi ndr) per molte ragioni”.

Ed uno dei motivi per i quali sarebbe più pericoloso ed insidioso sta proprio nel fatto che la Meloni non ha “inchieste a suo carico”.

Solo questo passaggio fa capire come un’imputazione può essere trasformata in arma contro un Premier non gradito al fine di limitare, se non distruggere, il suo potere politico ed istituzionale.

Basta vedere il riferimento subliminale presente nella frase riportata. L’altro motivo sarebbe relativo al fatto che si sentono divisi, deboli ed isolati dalla società.

E’ strano leggere questa forma di vittimismo perchè non dovrebbe risultare una sorprese per certi magistrati percepire tali condizioni.

Per decenni si sono trincerati all’interno della loro casta, considerandosi arrogantemente al di sopra di chiunque, persino dei governi.

Hanno prodotto capi di imputazione che poi, nella maggior parte dei casi, si sono rivelati fuochi fatui che però, al momento dei mandati di comparizione o della consegna degli avvisi di garanzia, hanno prodotto il loro effetto.

Accadde già  il 23 novembre 1994, quando l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi, mentre presiedeva una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli tra i sette grandi della terra, fu travolto da quell’anticipazione del Corriere della Sera che minò gli equilibri di governo in modo devastante: avviso di garanzia per corruzione.

Il giorno dopo Financial Times e tutti i giornali internazionali pubblicavano a tutta pagina la notizia dell’ avviso di garanzia.

Come si legge nelle cronache dell’epoca: “una foto di dimensioni superiori alla norma accompagna l’ articolo dell’ International Herald Tribune: La notizia ha prodotto lo spettacolo del leader di un Paese dell’ Unione europea, alleato della Nato e membro del G7, che viene inquisito per corruzione”.

A Causa di quell’avviso di comparizione ad orologeria, cadde il governo. Inutile dire che a ottobre del 2001, il Cavalierie venne assolto in Cassazione per la “sostanziale carenza di prove idonee”, anzi per la mancanza di “prove dirette, né orali né documentali” a suo carico.

Un castello di carta archiettettato dalla Procura di Milano che provvide a dare fotocopia dell’avviso di comparizione a due giornalisti che pubblicarono la notizia ancor prima che venisse informato il diretto interessato.

Anche se dopo diversi anni l’allora premier venne prosciolto da ogni accusa, il danno politico e di governo venne compiuto e, di fatto, furono quei magistrati a vincere la causa.

Poi c’è un terzo motivo addotto dalla magistratura di sinistra che è ben racchiuso dalle parole scritte nell’email quando dice: “la compattezza e omogeneità di questa maggioranza è molto maggiore che nel passato e la forza politica che può esprimere è enorme e può davvero mettere in discussione un assetto costituzionale ribaltando i principi cardine che consideravamo intangibili”.

Continua dicendo: “Come corollario di questa condizione politici, anche l’accesso ad una informazione decente è ancora più difficile dell’era Berlusconi”.

Sembrano le motivazioni di una sentenza che hanno portato ad una condanna definitiva di un gruppo mafioso, o comunque illegale, che stava architettando progetti eversivi contro lo Stato usando la forza del consenso (in questo caso politica) e l’enorme impatto, che ne sarebbr derivato, contro “l’assetto costituzionale”.

Queste affermazioni potrebbero dare l’idea di un delirio scomposto ed incontrollato scritto da qualche strano personaggio di un social ,se non fosse che il mittente è un magistrato che, di certo, non si può accusare di cotanta schizofrenia.

Ma, di fronte ad una palese presa di posizione antigovernativa ed al timore di poter perdere quell’autorità che, sovente, è stata spesa male anche e soprattutto nei confronti dei governi passati, dei politici di parte avversa e di tutti coloro che, in qualche modo, davano fastidio all’ordine costituito della magistratura di sinistra, dove si è attaccata la sinistra politica, quella dell’opposizione parlamentare? Si è attaccata alla frase scritta quasi a fondo email in cui viene detto: “Non dobbiamo fare opposizione politica ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini ad un giudice indipendente. Senza timidezze”.

“Visto?” – dicono Orfini e compagni – “la magistratura ha chiaramente detto che non vuole fare alcuna opposizione politica al governo, mentre la Meloni fa la vittima omettendo quando scritto e mentendo sul contenuto”.

E’ probabile che nel loro delirio, (quello dei politici di sinistra è evidente) i compagni suppongano che i cittadini italiani siano tutti deficienti, tranne loro ed i militanti che li sostengono.

Ci vorrebbero dire che la magistratura non intende fare opposizione politica, come se questa presa di posizione rientrasse in una delle loro libere scelte.

Non è cosi!

La magistratura tutta non può attuare alcuna presa di posizione politica, nè contro nè a favore di qualsiasi governo, almeno sulla carta.

Poi, però, ci sono i togati militanti di sinistra che, oltre a non ammettere il loro schieramento politico, agiscono per vie traverse, ovvero quelle giudiziarie, fino ad arrivare, come abbiamo visto, a far cadere un governo.

Giorgia Meloni, a differenza di Silvio Berlusconi, non è attaccabile sotto il piano legale. Le toghe rosse non hanno la possibilità di poterle far pervenire un’avviso di comparizione o un avviso di garanzia in nessuna situazione e/o condizione politica.

Questa “deficienza” fa sì che la Premier abbia maggiori spazi di manovra e che, quindi, possa avere diverse opportunità per arrivare molto vicino alle porte della casta, tanto quanto neanche Berlusconi ci riuscì a suo tempo.

E se dovesse – e volesse – arrivarci non è detto che dopo la vicinanza a tali porte non vi sia anche lo scardinamento.

E se ciò dovesse avvenire potrebbero cadere diverse teste che non avrebbero più nè l’appoggio politico nè l’autorità con la quale rendersi pericolosi (loro si) ai governi non graditi dai loro compagni parlamentari.

Che poi, dietro gli uni e gli altri, ovvero dietro una certa magistratura e dietro la politica di sinistra, vi siano poteri molto più forti che, direttamente o indirettamente, lasciano fare o creano gli scenari che abbiamo vissuto e che si vorrebbero riproporre, è un’altra storia.

Una storia che abbiamo già vissuto quando venne colpito il PSI nella persona di Craxi, dietro il cui affare giudiziario si mossero pedine importanti pure da oltre oceano.

PS: L’autore dell’email in oggetto è il giudice Marco Patarnello. Nato nel 1962, pugliese di Bari, nel 2011 era vice segretario generale del Csm, il Consiglio superiore della magistratura. Una carica che sollevò non poche polemiche all’epoca nell’ambiente dei togati, per come era stata conferita. Stando alle cronache dell’epoca riportate dall’autorevole Italiaoggi, pare che per quel ruolo concorressero in due: Patarnello e Claudio Galoppi. Quest’ultimo sembrava essere il candidato ideale per la carica per la sua esperienza, per le conoscenze linguistiche, che gli hanno permesso di essere operativo anche all’estero. Invece, poi, la decisione cadde su Patarnello, “con una procedura che rispetta un accordo tacito tra le varie correnti dell’organo di autogoverno dei magistrati, ma che di fatto per la prima volta spacca in due il Csm, guidato dal vice presidente Nicola Mancino”.

(da Il Giornale)

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