DECIMA PARTE
Netanyahu vuole accerchiare i palestinesi, ovvero vuole fare la pace con i vicini paesi arabi facendogli capire che le opportunità economiche a cui andrebbero incontro sono più importanti del loro sostegno alla palestina.
Donald Trump lo capisce al volo e nel 2020 vengono siglati gli accordi di Abramo tra Israele, Sudan, Marocco e Baharain.
Ma è in casa che per Netanyahu incomincia a farsi dura. Dopo l’era covid viene accusato di corruzione e scoppiano in Paese numerose proteste popolari. Due esponenti dell’opposizione si accordano per spodestarlo, ma lui si dimette. Non sparisce, attende un nuovo momento per tornare alla ribalta e l’occasione si presenta alla fine del 2022, con le nuove elezioni politiche.
il Likud, però, non ha più le forze per governare e così Netanyahu costruirà la coalizione più di destra della storia di Israele, mettendo insieme partiti sionisti e religiosi ultra ortodossi capitanti dal leader del potere ebraico Itamar Ben-Gvir, la cui storia politica è contrassegnata da un forte odio verso i palestinesi.
Netanyahu diventa primo ministro e Itama Ben-Gvir ministro della sicurezza nazionale.
In primis il governo cerca con una riforma del sistema giudiziario di spodestare la Corte Suprema, un organo di controllo che è ancora uno dei pochi limiti del governo. Scoppiano di nuovo numerose proteste ma Netanyahu non perde mai di vista la questione palestinese.
Nei primi mesi del 2023 si intensificano le operazioni millitari di Israele in Cisgiordania con la creazione di nuovi insediamenti e le violenze nei campi profughi palestinesi, specie in quello di Jenin, considerato un covo per terroristi.
Viene rafforzata la segregazione sulla Striscia di Gaza. Si parla di segregazione perchè è dal 2007 che nessun palestinese può uscire dalla Striscia di gaza senza un permesso israeliano.
Arriviamo al giorno dell’apocalisse, il 7 ottobre 2023.
Intorno alle 6:30 del mattino, nel giorno del 50° anniversario dello scoppio della guerra dello Yom Kippur, dove Netanyahu rischiò anche di morire, Hamas, con un comunicato del suo comandante Mohamed Deif, annuncia l’inizio dell’operazione “Alluvione” (Al-Aqsa).
1200 morti, in gran parte civili, 240 ostaggi. L’irruzione ai valichi di frontiera e le scene tragiche e angoscianti del rave party, un attacco senza precedenti al quale Israele ha reagito con l’operazione “Spade di ferro” che sinora ha contato più di 17.000 vittime, di cui il 70% sono donne e bambini.
Attacca chiese, scuole, ospedali, case indistintamente. Non è una guerra ma è un vero e proprio genocidio in cui Netanyahu si è reso responsabile di veri e propri crimini di guerra.
Tutto quello che è successo ha scosso l’opinione pubblica e ha reso tutti ancora più consapevoli dell’inefficacia dei mezzi di informazione, che, salvo rarissime eccezioni, hanno narrato la vic