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L’inno alla moneta digitale

DiDirezione

Ott 14, 2024

“Entro fine anno i pagamenti digitali supereranno il contante”. Lo dice Davide Giacalone, opinionista e scrittore che vede, in questa forma di pagamento, enormi benefici per i fruitori. Ma le cose stanno davveor cosi?

Ci sono militanti di sinistra, più meno celati, politici della stessa fazione, giornalisti, opinionisti e solo Dio sa chi altro ancora, che, almeno un paio di volte al giorno, ci vengono a propinare, con racconti molto elementari, quel “oppio politico” necessario a tenere stordite le menti della gente.

L’esimio opinionista e scrittore Davide Giacaolone, con il suo tweet, ci ha fatto fumare un pò di quell’oppio imbonitore, presentandoci la sua personalissima realtà con un gerco ed una motivazione adatti ai tossici o alle menti infantili ancora in fase di sviluppo.

“Dove ci sono i pagamenti digitali c’è meno evasione” questo è il mantra oppiaceo che ci è stato donato dall’appartenente alla casta dell’intellighentia che fregola nei salotti bene della politica.

Non c’e’ altro, il capitolo può considerarsi chiuso qui!

Ovviamente, la “fumata” sarà stata ben gradita ai tossicodipendenti che militano in quella informe massa politica di sinistra, dove la logica, la realtà e la verità non sono altro che zavorra da buttare nell’immondizia.

Per quelli che, invece, non si drogano con simili sostanze ideologiche il pagamento digitale viene considerato sotto altri aspetti, molto più subdoli e, per questo, molto meno enfatizzabili.

L’opinionista forse non sa, o fa finta di non sapere, che i pagamenti con carta, rintracciano anagraficamente la persona, indicano il mese, il giorno, l’ora del pagamento, il motivo della transazione, il bene o il servizio acquistato e individuano, oltre alla posizione del soggetto pagatore, anche il punto commerciale in cui la transizione è avvenuta.

I dati vengono archiviati dagli istituti preposti per poi essere analizzati alfine di capire l’uso che l’usufruitore della carta fa dei propri soldi, i vizi e le abitudini che ha, i principali luoghi di pagamento, i tipo di beni acquistati, e tutta una serie di altre informazioni che saranno utili sia agli istituti bancari sia alle multinazionali, che di quei dati necessitano ai fini industriali ed economici, perchè non va dimenticato che dietro quei dati c’e’ un business miliardario.

Non solo.

Le transazioni, essendo effettuate con carte di credito o bancomat, possono avere un costo anche per chi spende, mentre per chi incassa i costi sono certi.

Per cui, quando il nostro appartenente alla casta dei salotti bene della sinistra ci dice: “I pagamenti digitali sono ricchezza e trasparenza”, viene il sospetto che si riferisca agli istituti di credito ed ai proprietari delle carte con cui si effettuano le transazioni, perchè non si comprende quali siano queste “ricchezze” concesse all’utente,. Discorso diverso sulla “trasparenza”.

I pagamenti sono talmente “trasparenti” che possono essere visti da chiunque voglia speculare sulle spese compiute da ogni singolo cittadino.

C’è un solo appunto che andrebbe fatto presente a Giorgia Meloni e che prende spunto da una sua risposta data, un po di tempo da fa, ad un giornalista che aveva affrontato il discorso sul pagamento con POS.

Se non erro, le venne chiesto qualcosa circa i costi applicati, ovvero se era in programma un intervento del governo che obbligasse gli istituti a non chiedere percentuali sulle transazioni effettuate.

Astutamente, la Meloni rispose che il governo non poteva compiere tale restrizione o limitazione, in quanto gli istituti che gestiscono le carte di pagamento sono privati e lo stato non può intervenire nel imporre i ricavi. Al massimo il cittadino e l’esercente possono scegliere la banca alla quale appoggiarsi.

Bene, allora occorre fare una domanda::

“Ma, se gli istituti di credito sono privati ed hanno tutto il diritto di decidere la percentuale da applicare sulle transazioni, nonchè altri costi aggiuntivi, come il noleggio del POS (rigorosamente ed obbligatoriamente di proprietà dell’istituto delle carte di pagamento), ed il governo non può imporre alcuna restrizione, allora perchè, di contro, può imporre al cittadino e all’esercente l’uso di mezzi privati, quali sono le carte, per pagare o incassare, obbligando milioni di italiani ad avere un onere economico a favore degli istituti di cui sopra?

Questa forma di pagamento obbligatoria, non rasenta una sorta di pizzo da conferire ai mammasantissima delle carte di credito e POS?

Perchè un’esercente deve essere obbligato ad avere il POS, e quindi deve trovarsi costretto a pagare il pizzo all’istituto di credito, mentre quest’ultimo non ha alcun obbligo nei confronti dell’esercente nell’applicare le sue commissioni?”

Ecco, sarebbe interessante conoscere la risposta di Giorgia Meloni sul tema.

E visto che ci siamo, rimanendo sempre sul pezzo, viene in mente un altra domanda, anche questa molto semplice:

“Perchè un’azienda, per poter lavorare, è obbligata ad aprire un conto corrente intestato alla propria attività, mentre le banche hanno la “facoltà” di accettare o meno la richiesta di apertura di detto conto?

Se in quel conto corrente devono essere versati obbligatoriamente i soldi incassati dal proprio lavoro affinchè si possa tenere una contabilità amministrativa suffragata da pagamenti rintracciabili, perchè la banca ha potere facoltativo nell’accettare o meno una richiesta di apertura conto?

Eppure, senza l’autorizzazione dell’istituto di credito, privato, un commerciante, un imprenditore, un lavoratore in proprio, non può iniziare la propria attività.

Come è possibile che la vita di una persona debba passare dai capricci di qualche funzionario di turno o dalle direttive interne di una banca che non potrebbe, nè dovrebbe, vietare o ridurre a nessuno lo svolgimento del proprio lavoro?

E se le banche, come spesso fanno, hanno una segnalazione dal CAI e per questo non intendono aprire il conto corrente, quale altra soluzione esiste perchè si possa vivere di onesto lavoro?

Il CAI è quell’ente che segnala alle banche ogni piccola situazione negativa, ti scheda come se fossi un criminale incallito anche se non hai pagato un assegno da dieci euro, oppure se hai commesso un errore, come ad esempio l’aver preso un libretto d’assegni al posto di un altro, emettendo l’assegno sbagliato.

A nulla servirà emettere quello corretto dopo che il primo è stato presentato allo sportello. Non servirà neanche presentare copia dell’assegno corrento e consegnato al creditore con tanto di prova notarile dell’avvenuto pagamento specificando che si era trattato di un errore.

Per questo “grave” atto, con il quale si suppone che si volesse frodare la banca fino al punto di farle rischiare il fallimento, si viene condannati a non poter emettere ulteriori assegni per due anni e se, nel frattempo, c’e’ l’esigenza di aprire un nuovo conto corrente, le porte delle banche si chiudono a triplo mandato,, anche se sei stato un correntista di decennale presenza in quell’istituto ed hai versato, nel corso del tempo, milioni di euro.

Quindi, Giacalone, concludendo, perchè dobbiamo essere costretti a pagare il pizzo che – non si capisce come – dovrebbe renderci ricchi oltre ad avere la certezza truffaldina della tanto osannata trasparenza bancaria?

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